“In questa storia… che è la mia” di Claudio Baglioni, alcuni spunti di scrittura
Quelle che seguono sono considerazioni sparse su alcune canzoni dell’album In questa storia… che è la mia, di Claudio Baglioni. Non sono esaustive e nemmeno lo vogliono essere; vogliono soltanto sottolineare la ritrovata vena creativa del cantautore romano in quest’album del 2020. Altre forse se ne aggiungeranno nel tempo; o forse no.
La quotidianità mancante in questo disco è un monito per il futuro, cantato per esempio in Un mondo nuovo, in una palingenesi, nel rito del “giorno per giorno e a sera in tavola il pane e il vino come a messa”. La protagonista, vien da scommetterci, è la Domani del brano A domani del 1999, o la “bella mia” de Le vie dei colori del 1995. Non la si canta più dicendo che si spera in un ritorno; la si canta al presente. Trovandola, in questo disco Baglioni ha ritrovato la quotidianità o, almeno, la consapevolezza che la sua ricerca di sé si completa solo in due.
Dopo la palingenesi, dopo Un mondo nuovo, infatti, abbiamo una bellissima canzone d’amore, un nuovo innamoramento, una ri-costruzione: Come ti dirò sarà tra non molto tempo già un classico. Scrittura musicale in cui Baglioni lavora di cesello, che non è plastificata per arrivare al ritornello in maniera corale; il brano non arranca durante le strofe, non ha giochi di parole che si mordono la coda (come purtroppo ci ha abituati negli ultimi vent’anni), ma è intima, ha un dettato poetico pulito, dinamico, narrativo, e una melodia non ripetitiva, da compositore che vuol farla significare su quelle parole e anche senza di esse. È un disco senza l’ansia da prestazione nella scrittura. Qui tutto significa.
La canzone d’autore si distingue dal banale commercio per via del fatto che sia la maestranza di chi scrive i brani a essere protagonista, senza compiacimento ma con volontà narrativa, pur nel più totale immobilismo elegiaco. In questo disco ci sono dei passaggi che rappresentano dei marchi di fabbrica della poetica di Baglioni, un uso non canonico dell’unione di musica e parole, come alla fine di Mentre il fiume va, quando la melodia non ha nessuna intenzione di risolvere in una cadenza la propria corsa lungo il fiume, indugiando sopra due accordi che ne scandiscono il ritmo nei versi “il mio cammino senza sforzo/ in un mattino quieto/ sotto la città/ io corro lungo il greto/ mentre il fiume va/ tu scorri nel mio polso/ sei il mio segreto tu”.
Baglioni ha unito la sua storia, partita cinquant’anni fa per arrivare al centro e “diventare famoso”, con la storia che parte invece dal 1990, da Oltre, e non cerca l’artista ma cerca l’uomo, e che da Cucaio (Io dal mare, 1990) si era fermato a Cla’ (A Cla’, 1999). Altrove e qui ha un testo inequivocabile: si parte per arrivare al centro e si arriva a questa storia, che è la sua, dove sarà “per sempre un fuori centro”, fallace come tutti gli uomini, ma finalmente “libero, un uomo”.
In questo senso, In questa storia… che è la mia compie forse la più ambita impresa che un artista possa affidare a una propria opera: far sì che il suo pubblico aspetti la prossima con vorace curiosità.
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